Sannita

Il radicale (a piede) libero


Sei anni fa

Avviso: Il post è stato modificato rispetto alla sua pubblicazione originale.

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Sei anni fa, avevo 16 anni ed ero ancora a Benevento. Frequentavo ancora il liceo classico laggiù e mi stavo riappacificando con Margherita dopo una brutta litigata avuta verso giugno. Questo blog non era nemmeno stato preso in considerazione.

Avevo deciso di troncare ogni rapporto con mio padre più o meno sempre verso giugno. Diciamo che l’aria si era fatta irrespirabile in quegli ultimi mesi. A 16 anni non puoi essere tu il padre e tuo padre il figlio, mettiamola così.

Sei anni fa, mia madre lavorava part-time per la banca e come ogni giorno tornò a casa per il pranzo. Dopo mangiato, mamma aveva l’abitudine di seguire un programma di approfondimento sui mercati finanziari, dal momento che lavorava al borsino titoli.

Verso le 14:47 di quell’11 settembre di sei anni fa, il salottino televisivo rumoreggiò in maniera scomposta. “Strano”, pensai, “di solito non urlano mai così”. Uscii in soggiorno e posai lo sguardo sugli indici di borsa di Milano e Francoforte.

Stavano letteralmente colando giù a picco, come mai avevo visto in vita mia. -3,40%, -3,78%, -4,01%, -4,56%, -4,78%…

L’idea di uno scoppio improvviso di una guerra mi travolse. Ma una guerra fra chi? Israele e Paesi arabi? O ci sono di mezzo gli USA? Solo un loro coinvolgimento avrebbe potuto spiegare un casino del genere. Mai visto gli indici crollare per una guerra in Africa, finora.

Scoprii che quel panico era dovuto a un aereo di linea schiantatosi contro il WTC. Andai a fare un caffè e cambiai canale, mettendo l’edizione straordinaria del TG5 – allora era ancora diretto da Mentana ed era ancora un telegiornale. In diretta, come tutti noi, ho assistito allo schianto del secondo aereo contro la Torre Sud.

Non riuscivo a capacitarmi di quanto succedeva. La domanda mi sorse spontanea: “Ma che cazzo si sono fumati in due per fare ‘sto casino?”. Non potevo sapere. Nessuno poteva sapere.

Cominciarono ad arrivare messaggi da tutti gli amici. Incredulità, sgomento, paura. Tutti mi chiedevano se avessi notizie fresche da dare – essendo quello che voleva fare il giornalista, ero stato eletto quel giorno come la principale fonte di notizie – su quanto stava succedendo.

Uscì fuori un finto comunicato del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina che rivendicava l’attentato. “Arafat si è fatto la cartella”, pensai. Fortunatamente per lui, si scoprì che non erano stati i palestinesi, anche se poi loro festeggiarono ampiamente quell’attentato. Porci senz’ali.

Mi ritrovai senza accorgermene con le mani fra i capelli, seduto alla mia scrivania. Mi ripetevo che non volevo morire, avevo paura. Era chiaro: eravamo in guerra, e il bello era che non sapevamo nemmeno contro chi.

Lo schianto contro il Pentagono, poi Shanksville. Il blocco totale degli aerei, il messaggio di Ciampi, quello di Bush. Mentana che alle 8 di sera, con quel filo di voce che gli rimase dopo la diretta ininterrotta dalle 15, conduceva un dibattito informale con il generale Jean e altri due che non ricordo.

Si parlò di una mega-coalizione anti-terrorismo, si parlò di uno storico accordo fra USA, Russia e Cina per garantire la democrazia e la sicurezza mondiale. Quella notizia mi diede speranza: “forse non tutto è perduto, se perfino Russia e Cina si schierano con noi, stavolta possiamo davvero sperare che il mondo evolva verso qualcosa di più giusto” pensai.

Quanto mi sbagliavo.

Il resto degli avvenimenti è a metà fra storia, attualità, verità e cospirazionismo.

Da sei anni a questa parte, sono cambiate tante cose, sia per me che per il mondo. Ma non dimenticherò mai quella sensazione di vecchiaia improvvisa. Non dimenticherò mai di essermi sentito come un veterano delle Guerre Mondiali, di aver sentito su di me la responsabilità di non dimenticare MAI quanto successe quel giorno.

Molti diranno che è stata una data come le altre, che l’11 settembre del 1973 ci fu altro e che l’11 settembre di quell’altro dato anno ci fu altro ancora. Nessuno lo mette in dubbio.

Ma io non riesco a dimenticare il volo UA175 che entrò letteralmente nella Torre Sud. Non riesco a dimenticare quell’aereo che scomparve nella torre, quell’esplosione, quel fumo, quelle fiamme, quelle vite sprecate.

Non riesco, non voglio dimenticare. Non riesco, non voglio perdonare. Non riesco, non voglio.

United we stand, once again.


I resoconti non finiscono mai

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E: [armeggiando un grosso cavatappi] Luuuuucaaaaaa, sono [noto segretario di una Associazione radicale]…

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E: Sono Bond, James Bond. Ah, quindi si chiama Bond James Bond. Piacere!

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Io: Ma via Goito dov’è?

G: È vicino Termini. C’è come Trimani.

Io: E che era?

G: Era Trimani.

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E: I piccioni ormai si sono umanizzati. L’altro ieri, ne ho visto uno che camminava per strada, vicino a me, con le ali a mo’ di mani in tasca. Camminava proprio così, capito? [mima la camminata del piccione] ‘N altro po’, gli chiedevo se usciva con la macchina!

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E: [indicandomi] Ma non ti sembra frocio?

Io: Dammi il tuo culo e poi te lo faccio vedere.

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E: A parte che Fabio Volo è un coglione, che dice che studiare non serve a un cazzo…

G: A parte che tu mi sembra che lo hai preso in parola…

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E: Sono omofiliaco ed emosessuale.

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E: Excavatio non petita, excusatio manifesta. No, aspè, com’era?

C: Era il contrario.

Io: …

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[E. si alza]

G: Dove vai?

E: A pisciare! Manco questo si può fare più? A., che c’hai un catetere?

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C: Siete una coppia perfetta: lei si è sbrodolata con l’acqua, tu con il vino…

G: Insomma, sèmo ‘na coppia de cojoni.

M: E infatti quelli vanno sempre a coppie.

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[E. si siede vicino a C.]

C: [rivolta a me] Ho una paura fottuta!

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E: A Lù, nun te se ‘nculano manco le supposte!

Io: Fottiti. (cit.)

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E: [rivolta a C.] Io vado al cesso. Se domani ti leggo sui giornali, sarà colpa tua.

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[L’angolo del diritto, a cura di E.]

E: No, “colposo” è se io gonfio di mazzate uno. “Preterintenzionale” invece è se io prendo A., ad esempio, e per errore lo butto dalla finestra.

A: Beh, certo, è un po’ difficile che ci riesci, eh…