Sannita

Il radicale (a piede) libero


Alle volte basta davvero poco

Una sera, due o forse tre anni fa, stavo tornando a casa. Erano le 23:15 circa, l’ora non conta, comunque non troppo tardi. Cuffiette nelle orecchie e passo svelto, pochi metri da casa. Girato l’angolo, sarei arrivato al portone.

Accanto a me, due ragazzi, magrebini a giudicare dall’aspetto, chiacchieravano nella loro lingua.

Non so perché mi è venuto da abbassare lo sguardo a terra. Forse perché avevo visto un ombra.

Era un vecchietto. Steso per terra. Lo guardo. Il cervello mi suggerisce l’immagine di un barbone ubriaco – a quel tempo, ce n’era uno che passava con le sue buste, biascicando ed urlando. Chissà che fine ha fatto…

Dicevo, il cervello mi suggerì quell’immagine, ma non era ubriaco. Era un vecchietto, disteso per terra. Mi guardava, senza dire nulla. Gli occhi mi supplicavano, il braccio era disteso a chiedere aiuto per rialzarsi.

Senza dirci niente, almeno a parole, interrompo la camminata e gli tendo la mano. I due ragazzi mi vedono, si fermano e anche loro tendono la mano. Lo rimettiamo in piedi.

Per un attimo, è come se avessi rivisto mio nonno nel suo volto.

Io raccolgo il bastone e glielo rendo, sempre senza dire una parola, ma con un sorriso. Accenna un grazie appena con lo sguardo.

Me ne vado subito, i due magrebini restano pochi secondi in più di me. Un grazie appena accennato con lo sguardo anche a loro. Tutto torna come prima, ognuno per la sua strada.

Questa storia non l’ho mai raccontata a nessuno, perché alla fine è un frammento insignificante di vita. L’unica a cui l’ho raccontata è stata Margherita, circa una settimana dopo che avvenne. Lei rimase sorpresa di quel gesto e quasi offesa del fatto che non glielo avessi raccontato subito.

Ogni tanto ripenso a quello sguardo che supplicava. E penso come alle volte basti davvero poco


Antitesi / Senseless

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Ci sono notizie che ti piombano addosso come un incudine. Ma questa, a suo modo, è unica. Come lei.

Il post ha due titoli. Il primo è “Antitesi”, perché quello che ti hanno detto ieri al telefono e quello che tu sai di lei sono due concetti in aperto contrasto.

Da cui il secondo titolo, “Senseless”. Non venitemi a dire che tutto questo ha un senso. Non ce l’ha. Si dice spesso che “non è possibile” che sia accaduta quella cosa, perché la ritieni per l’appunto in antitesi con quella realtà che conosci.

Mettetevi nei miei panni, adesso. E chiedetevi se davvero avreste mai potuto immaginare questo.

Lo so che era tempo che non ci sentivamo. Ma voglio chiederti un ultimo favore. Prima che tu te ne vada per sempre, con una spiga in mano, passa da me. E dammi una spiegazione.

Per il resto, c’è solo una canzone che si adatta a te. E l’hanno già dedicata a un altro siculo che prima di te ci ha lasciato.

Ciao cummà.


Un uomo non muore finché il suo ricordo e i suoi insegnamenti guideranno le nostre azioni (cit.)

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Di ritorno dal raduno, i miei compagni di viaggio hanno notato un certo silenzio da parte mia. Direi quasi innaturale, dato che sono un chiacchierone da record.

Ma il silenzio aiuta a riordinare i ricordi e a farti notare l’ennesima riconferma della teoria delle linee d’ombra. Dicasi “linea d’ombra” quell’evento o avvenimento dopo il quale la tua vita non può essere più la stessa, ovvero quell’impercettibile decisione che solo dopo molto tempo riconosci avere avuto un impatto devastante sulla tua vita. Nel bene e nel male.

Quella sera, lessi di un flash mob sull’Europa (o meglio sulla sua assenza dai giornali) a Campo de’ Fiori organizzato da CafèBabel, una delle tante associazioni in cui avevamo (come IAPSS e come singoli) conoscenti e interessi. Decidere di andarci fu l’attraversamento di una linea d’ombra.

Chiaramente lo trovai lì. Mentre ci stavamo recando al ristorante per il dopo-flash mob, mi chiese un favore: siccome aveva da lavorare, non poteva recarsi a un convegno pro-referendum sulla PMA presso gli uffici della Camera. Lì avrebbe dovuto prendere contatto con una tizia per Blog in progress. Accettai di fargli questo piacere.

Fu così che mi convinse a partecipare a quella manifestazione. Fu così che incontrai nuovamente F e che conobbi E, A, CM, S, Inoz, ma anche AT, Viaggio, Ereticoblog e tantissimi altri. Fu così che si costituì la “Compagnia della Cena”, quel gruppo di amici-blogger che si incontravano in qualche ristorante per parlare di politica e di idee, ma soprattutto per stare insieme.

Fu grazie a quella compagnia che nacque la tradizione dei report. Oddio, non che non ne abbia fatti pure in passato, ma quello fu il primo nella forma che oggi tutti noi conosciamo. E fu quella sera pure che, grazie alla sua straordinaria inventiva, nacque Governo Ombra per Radio Alzo Zero. Nella sua prima versione, erano cinque piccole puntate quotidiane da 15-30 minuti su temi vari. Lui e io collaboravamo alle puntate sulle Riforme: lui mi intervistava, io sparavo cazzate.

Fu grazie a lui che organizzammo quella puntata di Noi nel mezzo (sempre su RAZ), dove eravamo in 14 pigiati nella stessa saletta di registrazione. La meglio gioventù politicizzata d’Italia, a discutere del lancio della nuova piattaforma di RAZ e di come affrontare la “questione generazionale”. E fu così che conobbi anche Elisa, una delle ragazze più belle, brave e preparate della Storia, a cui voglio un bene dell’anima.

È anche grazie a lui che ricordo piacevolmente quel pomeriggio dalle parti di Frosinone a discutere della fondazione di ASP Italia, per poi prendere la macchina e andare al Circo Massimo a sgolarci e fare volantinaggio per il referendum. Tra l’altro, fosti tu a iniziarmi a quella tradizione radicale…

E potrei continuare con quell’altro convegno di CafèBabel, dove tutto il nostro mondo (IAPSS, Compagnia della Cena, CafèBabel, RAZ, LiberalCafè, …) si incontrò al Caffè Letterario di Ostiense, dove sapevi che ognuno dei presenti ti conosceva.

E potrei continuare con l’emozione di essere stati citati dal Corriere della Sera per il Premio Liberale dell’Anno a Giavazzi.

E potrei continuare con quel viaggio a Fiuggi, con E e MP, per assistere alla nascita della Rosa nel Pugno.

E potrei continuare con quei “Where’s Giuliano? Why didn’t he came here?” a Mosca, per la General Assembly 2005 di IAPSS, riferitimi tanto da rumeni, quanto da tedeschi, da sloveni, da chiunque. Perché, parliamoci chiaro, lo conoscevano tutti in Europa. E tutti perché era una persona straordinaria, sempre all’avanguardia, sempre impelagata in diecimila cose. Per questo, tanti ricordi si affollano nella mente, tante occasioni vissute assieme, tante avventure che conserverò per sempre nella memoria.

Insomma, è stato grazie a te se i nostri destini hanno continuato a incrociarsi, in diecimila declinazioni diverse. E per nostri non intendo solo il mio e il tuo, ma i destini di tutti noi che abbiamo avuto la gioia, la fortuna, l’onore di conoscerti.

Intendo ricordarti anche con una canzone, andata in onda in una delle nostre prime puntate di Governo Ombra, che venne registrata in quel macello che era casa tua. Una canzone che ti suggerii io, perché la trovavo ottimista. Ricordo ancora la tua voce che la presentava, utilizzando le mie parole. Perché tu i tempi radiofonici ce li avevi, eri un intervistatore nato. E poi con quell’agendina, piena di nomi e numeri, potevi far concorrenza a Gianni Minà…

Ho un debito enorme con te. Enorme. E ho la tremenda, insopportabile consapevolezza che non avrò mai modo di ripagarti per tutto quello che mi hai saputo donare, come occasioni, come conoscenza, come spirito di iniziativa, come amicizia, come tutto.


Ricevo e volentieri pubblico

In the last few years, I have written two dissertations on Tibet’s education and then later on regarding the policies and practices of the Chinese government on its ethnic minorities and the autonomy of Tibet. Although I am a Tibetan and have always been in either a minority or in the situation of victim of many injustices in this world, I strive to be optimist and look for hope.

Regarding Tibet, I try to be very objective and look out for solutions for the problems in Tibet. In fact, as a Tibetan, I strongly believe in non-violence movement against any power especially against “giant China” that never dared to choose that resort until now (I will never forget the sad episodes of Tiananmen square), multiculturalism, dialogue and respect between Tibetans and Chinese who live in Tibet and a genuine autonomy that protects and promotes ethnic diversity in Tibet.

I believe that more than ever before, Tibetans in Tibet need proper schools, good education, freedom of religion, socio-economic rights, and the right to preserve their own distinct language and culture. If we look at the statistics provided by the government of China, Tibetans in Tibet (I am saying Tibetans because in Tibet there are many other ethnic groups who live in Tibetan cities and they dilute the statistics) has one of the highest illiteracy rate and poverty among all the Chinese regions.

The protests that are spreading in all Tibetan lived areas besides Tibet Autonomous Region (TAR), in these days, is the deep rooted resentment of Tibetans from being neglected in all these fifty years by their government in development policies and for committing constant human rights abuses to them. Therefore, we should remain focused to the main issues despite the propagandas of the Chinese Government these days in the media.

Interestingly, the government is blaming Dalai Lama for being the main cause of the protests. But such statements are well known in the history of China and in the countries of dictatorships. The Government of China always needed a scapegoat to whom they can blame when the “people” start resisting publicly against their practices. I believe it is time for the government to make a good reality check and address the deep rooted problems of Tibetans.

Therefore, the issue of Tibet is centred on Human Rights and we “the people of open and free society,” must not hesitate to condemn China for its human rights abuses and to urgently call on the Chinese government to show responsibility by engaging in “genuine and official” dialogue with Dalai Lama.

We, Tibetans, have chosen to struggle with non violence means. So, information, objective information is one of the strongest weapons we have. So, I strongly believe in the strength of international public opinion to make change in Tibet.

Dekyi Dolkar


Dialoghi dell’assurdo alla LUISS

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Mr. X: Io sostengo il partito per il sistema anarchico-monarchico. Praticamente, io voglio che ci sia un Re, solo che dopo non se lo incula nessuno. Prima tutti “Viva il Re”, e poi chisselo incula più…

Io: Uhm, lo sai che se ti presenti alle elezioni, otterresti un buon seguito?

Mr. X: Ma infatti mi volevo presentare alle elezioni, solo che poi avevo altro da fare…


Balcanicamente parlando

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Premesso che:
1) non sono un tipo che ha in Putin il suo punto di riferimento, anzi parafrasando indegnamente Virgilio “Timeo Sarmates et dona ferentes”;
2) sulla Serbia il mio punto di vista è migliorato sensibilmente da quando quel macellaio nazionalista/socialista di Miloševic è stato deposto, e ancor di più da quando ha stirato le zampe;
3) non ho bisogno di ricordare a tutti quanto sia filo-americano;
4) ancor meno ho bisogno di ricordare a tutti quanto visceralmente ami i Balcani – in special modo il Montenegro, ancor di più le montenegrine;
5) sicuramente ricorderete che Churchill diceva che “i Balcani consumano più Storia di quanta ne possano produrre”;
6) è indubbio che sono anni che l’Italia non riesce a produrre una politica estera nei confronti dei Balcani che non sia drammaticamente subordinata a quella della Germania e degli Stati Uniti – che difatti ce magnano in testa;
7) è indubbio che sono anni che l’Italia non riesce a produrre una politica estera, punto;
8) è altrettanto indubbio che la Russia, da un paio d’anni a questa parte, è tornata alla carica, fomentata anche dalle rivoluzioni liberali nelle sue ex-colonie;
9) è chiaramente risaputo da tutti che la colpa del grande ritorno della Russia è nostra, perché l’abbiamo colpevolmente considerata la “periferia del mondo”, dunque incapace di rivestire nuovamente un ruolo di una certa importanza, quando era fin troppo chiaro che non sarebbe mai andata così;
10) è altrettanto chiaramente risaputo che dalli e dalli, se rompono pure li metalli, ovvero non è che Mosca starà lì ferma e zitta in eterno;

tutto ciò premesso, vorrei sommessamente dire che:

a) per la prima volta in vita mia, ritengo una dichiarazione di indipendenza pericolosa per gli assetti dei Balcani;
b) per la prima volta in vita mia, ritengo che Putin – al netto della propaganda – abbia dannatamente ragione;
c) non è la prima volta in vita mia che ritengo che gli USA abbiano fatto una cazzata, ma stavolta l’hanno fatta grossa quasi quanto quella del Vietnam;
d) aspettiamoci in futuro di imparare la dislocazione geografica di posti come Republika Srpska, Vojvodina, Abkhazia, Adjaria, Ossezia e magari altri che non mi sovvengono, ma che trovate nei Balcani e nel Caucaso, perchè saranno i prossimi terreni di scontro;
e) non aspettiamoci per nessun motivo al mondo nulla di buono provenire da quei terreni di scontro.


Sei anni fa

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Sei anni fa, avevo 16 anni ed ero ancora a Benevento. Frequentavo ancora il liceo classico laggiù e mi stavo riappacificando con Margherita dopo una brutta litigata avuta verso giugno. Questo blog non era nemmeno stato preso in considerazione.

Avevo deciso di troncare ogni rapporto con mio padre più o meno sempre verso giugno. Diciamo che l’aria si era fatta irrespirabile in quegli ultimi mesi. A 16 anni non puoi essere tu il padre e tuo padre il figlio, mettiamola così.

Sei anni fa, mia madre lavorava part-time per la banca e come ogni giorno tornò a casa per il pranzo. Dopo mangiato, mamma aveva l’abitudine di seguire un programma di approfondimento sui mercati finanziari, dal momento che lavorava al borsino titoli.

Verso le 14:47 di quell’11 settembre di sei anni fa, il salottino televisivo rumoreggiò in maniera scomposta. “Strano”, pensai, “di solito non urlano mai così”. Uscii in soggiorno e posai lo sguardo sugli indici di borsa di Milano e Francoforte.

Stavano letteralmente colando giù a picco, come mai avevo visto in vita mia. -3,40%, -3,78%, -4,01%, -4,56%, -4,78%…

L’idea di uno scoppio improvviso di una guerra mi travolse. Ma una guerra fra chi? Israele e Paesi arabi? O ci sono di mezzo gli USA? Solo un loro coinvolgimento avrebbe potuto spiegare un casino del genere. Mai visto gli indici crollare per una guerra in Africa, finora.

Scoprii che quel panico era dovuto a un aereo di linea schiantatosi contro il WTC. Andai a fare un caffè e cambiai canale, mettendo l’edizione straordinaria del TG5 – allora era ancora diretto da Mentana ed era ancora un telegiornale. In diretta, come tutti noi, ho assistito allo schianto del secondo aereo contro la Torre Sud.

Non riuscivo a capacitarmi di quanto succedeva. La domanda mi sorse spontanea: “Ma che cazzo si sono fumati in due per fare ‘sto casino?”. Non potevo sapere. Nessuno poteva sapere.

Cominciarono ad arrivare messaggi da tutti gli amici. Incredulità, sgomento, paura. Tutti mi chiedevano se avessi notizie fresche da dare – essendo quello che voleva fare il giornalista, ero stato eletto quel giorno come la principale fonte di notizie – su quanto stava succedendo.

Uscì fuori un finto comunicato del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina che rivendicava l’attentato. “Arafat si è fatto la cartella”, pensai. Fortunatamente per lui, si scoprì che non erano stati i palestinesi, anche se poi loro festeggiarono ampiamente quell’attentato. Porci senz’ali.

Mi ritrovai senza accorgermene con le mani fra i capelli, seduto alla mia scrivania. Mi ripetevo che non volevo morire, avevo paura. Era chiaro: eravamo in guerra, e il bello era che non sapevamo nemmeno contro chi.

Lo schianto contro il Pentagono, poi Shanksville. Il blocco totale degli aerei, il messaggio di Ciampi, quello di Bush. Mentana che alle 8 di sera, con quel filo di voce che gli rimase dopo la diretta ininterrotta dalle 15, conduceva un dibattito informale con il generale Jean e altri due che non ricordo.

Si parlò di una mega-coalizione anti-terrorismo, si parlò di uno storico accordo fra USA, Russia e Cina per garantire la democrazia e la sicurezza mondiale. Quella notizia mi diede speranza: “forse non tutto è perduto, se perfino Russia e Cina si schierano con noi, stavolta possiamo davvero sperare che il mondo evolva verso qualcosa di più giusto” pensai.

Quanto mi sbagliavo.

Il resto degli avvenimenti è a metà fra storia, attualità, verità e cospirazionismo.

Da sei anni a questa parte, sono cambiate tante cose, sia per me che per il mondo. Ma non dimenticherò mai quella sensazione di vecchiaia improvvisa. Non dimenticherò mai di essermi sentito come un veterano delle Guerre Mondiali, di aver sentito su di me la responsabilità di non dimenticare MAI quanto successe quel giorno.

Molti diranno che è stata una data come le altre, che l’11 settembre del 1973 ci fu altro e che l’11 settembre di quell’altro dato anno ci fu altro ancora. Nessuno lo mette in dubbio.

Ma io non riesco a dimenticare il volo UA175 che entrò letteralmente nella Torre Sud. Non riesco a dimenticare quell’aereo che scomparve nella torre, quell’esplosione, quel fumo, quelle fiamme, quelle vite sprecate.

Non riesco, non voglio dimenticare. Non riesco, non voglio perdonare. Non riesco, non voglio.

United we stand, once again.


Universitari

Ho 21 anni, a giugno ne compio 22. Frequento l’Università della mia Capitale.

Mi mancano quattro esami per laurearmi e la tesi l’ho già chiesta.

Mi laureo in un Paese il cui futuro è totalmente incerto. C’è un continuo prendersela con gli americani, il governo non è stabile, non sai mai cosa potrà succedere.

Non so se troverò un posto di lavoro, ma spero di sì.

Mi reco all’università come tutti i giorni. E come tutti i giorni, spero di uscirne e farmi una vita.

È chiedere troppo?


Occhi a mandorla, faccia come il culo

Restando sempre sulla questione Tibet, vorrei farvi leggere questa piccola presentazione di “A Trip to Tibet”, documentario in 50 puntate della CCTV, la compagnia radio-televisiva pubblica cinese, pubblicato su 4 DVD.

Tibet, a land with long-standing history, splendid culture, unsophisticated national style and features and modern civilization, is located in the Southwest of China. It is also called the Roof of the World.

2001 is Tibetan 50th Anniversary of peaceful liberation. To introduce the developments of Tibet in these 50 years to our audience, CCTV began to send reporters to different places in Tibet from May, 2001.

During the next five month, our reporters noted down real stories happened on this snow covered plateau. On August 1st, 2001, “China News” broadcasted this 50 volume serial stories. It’s well received by the audience.

To meet the needs of our audience, we now revise and publish the whole volumes.

Per chi non conoscesse l’inglese, ecco la traduzione in italiano. I grassetti sono miei.

Il Tibet, terra con una storia millenaria ed una cultura splendida, con uno stile e caratteristiche semplici ma moderne, si trova nel sud-ovest della Cina. È anche chiamato “il Tetto del Mondo”.

Nel 2001 si festeggia il 50º Anniversario della pacifica liberazione del Tibet. Per mostrare come si è evoluto il Tibet in questi 50 anni al nostro pubblico, la CCTV ha mandato i suoi reporter in vari punti del Tibet a partire da maggio del 2001.

Nei cinque mesi successivi, i nostri inviati hanno raccolto storie vere accadute sull’innevato altopiano. A partire dal 1º agosto 2001, “China News” ha pubblicato questa serie di 50 storie, molto apprezzata dal pubblico.

Per venire incontro alle richieste del pubblico, ora pubblichiamo l’intera serie rivisitata.