Sannita

Il radicale (a piede) libero

Risposte senza domanda sui massimi sistemi

Ndr: il titolo di questo post è un gioco di parole rispetto a quello del mio post precedente.

“Ma come cazzo abbiamo fatto a ridurci così?” chiede un amico che mi posta il grafico dell’andamento del rapporto debito/PIL italiano negli ultimi 10/15 anni o giù di lì.

Il grafico non lo riesco a trovare, ma grazie a Gogol’ abbiamo una infografica interattiva che va dal 1995 al 2017 (con tanto di impietoso confronto con Francia e Germania), da cui si nota che il trend del debito era in calo fino al 2007 e che si è improvvisamente invertito a partire dal 2008.

Che è successo? Ho provato a sintetizzarlo in una serie di punti, quindi scusate la schematicità del post.

Premesso che:

  1. in tempi di crisi, il debito esplode sempre;
  2. se prima che scoppiasse la crisi non hai fatto nulla per efficentare il sistema e rilanciare la tua produttività, il debito esploderà sotto il tuo sedere a velocità doppia;
  3. qualunque misura, soprattutto se di austerità, presa durante il tempo di crisi rischia di approfondire nell’immediato gli effetti della crisi stessa e non è assolutamente detto che possa al 100% garantire una ripresa sul medio-lungo periodo (perché influiscono altri fattori su cui non si ha alcun controllo);

si deve aggiungere alla situazione italiana che:

  1. questo Paese soffre di bassa produttività da almeno 25/30 anni;
  2. le cause della bassa produttività vanno cercate innanzitutto nel fatto che le nostre aziende spesso:
    1. sono troppo piccole;
    2. operano in ambiti a basso valore aggiunto;
    3. puntano sulla concorrenza sul lato prezzo, non sul lato qualità;
    4. sono nate “a gestione familiare” e continuano a essere gestite in questo modo dal fondatore iniziale (ormai andante sull’ottantina e in grado solo di bloccare i processi, anziché guidarli) oppure dai suoi eredi (che, a loro volta, sono limitati dal fondatore o non sono capaci come il fondatore);
    5. hanno interiorizzato un rapporto perverso con la politica (a tutti i livelli), che li costringe a bruciare risorse per ottenere “protezione politica”, la cui durata è direttamente proporzionale alla durata del “protettore” al potere;
  3. quindi, la stragrande maggioranza delle nostre aziende hanno:
    1. propensione scarsa, se non nulla, all’innovazione dei processi e/o dei prodotti;
    2. propensione quasi nulla all’integrazione orizzontale (acquisizione dei concorrenti) e/o verticale (controllo della filiera produttiva);
    3. giganteschi problemi ad adeguarsi alle normative europee di settore, derivanti proprio dalla loro dimensione ridotta;
    4. giganteschi problemi ad affrontare un mondo globalizzato dove la competizione è da tempo che si è spostata su qualità e innovazione;
  4. in più, le poche grandi aziende (comprese banche e assicurazioni) che abbiamo ancora in gioco sono state perlopiù spolpate di risorse e competenze lungo l’epoca dei “capitani coraggiosi”, veri e propri piranha che lungo gli anni 1990 e 2000 hanno indebolito quasi mortalmente il nostro sistema industriale e bancario (non faccio nomi per evitare querele, ma basta usare un po’ la memoria);

tuttavia, sarebbe sbagliato non ricordare che, in tutto questo, tutte le imprese operano in un sistema-Paese che presenta:

  1. un settore pubblico (comprese le Forze Armate) inteso come una vera e propria forma di welfare universale, piuttosto che come un fattore complementare allo sviluppo del Paese;
  2. infrastrutture insufficienti e inadeguate lungo tutto il territorio nazionale;
  3. una corruzione di fondo che si è ridotta come volume negli ultimi anni, ma solo perché è venuto meno il circolante adeguato a sostenere i vecchi ritmi;
  4. una criminalità organizzata che è in grado di penetrare come il burro il tessuto produttivo del Paese, con tutti i danni che ne conseguono;
  5. un sistema di istruzione (scuola+università) sotto-finanziato e contemporaneamente inadeguato a formare le nuove generazioni;
  6. una generazione di 50-60enni, la cui forma mentis ancora si basa sull’essere “furbi”, che si trova ad avere a disposizione molti meno posti di governo rispetto al passato (perché gli 80enni sono/erano duri a morire e perché, nel frattempo, si è dovuti procedere a consistenti, ma ancora inadeguati, consolidamenti del sistema);
  7. una generazione di 30-40enni perlopiù frustrata perché:
    1. sovra-qualificata per la stragrande maggioranza dei posti disponibili (quelli a basso valore aggiunto);
    2. insufficientemente qualificata per i (pochi) posti disponibili ad alto valore aggiunto;
    3. impossibilitata a crescere lavorativamente e, dunque, a ricevere adeguati aumenti di salario;
  8. un quadro sociale per cui sono gli anziani a concentrare larga parte del capitale disponibile nelle loro mani e a sostenere i giovani, fornendo loro la necessaria “integrazione” economica e/o di servizi, anziché il contrario;
  9. un quadro normativo del mercato del lavoro che legalizza e cristallizza tutte le attuali storture del sistema, scaricando contemporaneamente sui datori di lavoro e sui lavoratori tutto il peso economico e sociale di tali storture;
  10. un sindacato incapace di affrontare la situazione e che si è da 20 anni arroccato nella difesa dei diritti dei lavoratori a tempo indeterminato (passati e presenti), con l’effetto di farli sembrare veri e propri privilegi a chi ha lavorato da precario nello stesso periodo;

e non abbiamo ancora affrontato i tre grandi elefanti nella stanza, ossia:

  1. un potere giudiziario che da un lato è paralizzato da una quantità abnorme di procedimenti (spesso inutili) e che dall’altro esercita di fatto un’abnorme potere discrezionale a livello di procura nel dare priorità a determinati casi piuttosto che altri (vedi alla voce “Procura di Trani”);
  2. un potere politico (legislativo+esecutivo) che è paralizzato dalla sua stessa incompetenza e incapacità a comprendere le sfide che vanno affrontate, ma dall’altro è perfettamente in grado di portare a termine tanti piccoli provvedimenti di tutela di questa o quella piccola cricca di interessi composti (tanto poi se pure l’UE ci fa una procedura di infrazione paga lo Stato, mica loro);
  3. il fatto che al popolo di tutto questo non gliene frega un beneamato cazzo, perché ha deciso (per dirla con il Baricco di una settimana fa su Repubblica) di andare a riscuotere tutti i crediti che esso crede di avere con le élite che ci hanno governato finora (decisione che, se siamo fortunati, sarà il colpo di grazia al nostro sistema).

Credo che come sintesi della situazione possa bastare, grazie per l’attenzione.

Come dite? Manca la parte construens del discorso? Eccovela.

Per uscire da questa situazione, bisogna fare tutto quello che è necessario fare, ossia una macelleria sociale senza precedenti (tentando o sperando di riuscire a moderare gli effetti più distruttivi), pregando nel contempo la Madonna che tutto questo basti a rimetterci in piedi.

Autore: Sannita

Nato nel 1985 a Benevento, giornalista pubblicista, attualmente lavora presso Wikimedia Foundation, la fondazione che gestisce i server di Wikipedia. Siccome non ama starsene con le mani in mano, nel suo tempo libero è - dal 2006 - utente di Wikipedia in italiano e di Wikidata.

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